La selezione è stata lunga e ha suscitato dubbi, poichè il "trusted flagger" scelto non ha esperienza specifica nel monitoraggio dell'hate speech. Il DSA, infatti, privilegia la terzietà rispetto alla competenza specialistica, escludendo di fatto – ci auguriamo solo per ora – i soggetti che, ad esempio, hanno già contribuito ai monitoraggi nell’ambito del “Codice di condotta 2016”, acquisendo la necessaria esperienza nella gestione di contenuti problematici come l'hate speech.
In futuro, sarebbe auspicabile che il DSA ponesse maggiore attenzione all’esperienza specifica nella selezione dei "trusted flagger", per garantire un monitoraggio più ampio e mirato, capace di affrontare in modo più efficace le sfide della sicurezza online e di assicurare un ambiente digitale sicuro e rispettoso per tutti.